Territorio

Lo sfregio ai murales di Piskv: un atto di vandalismo che ferisce il quartiere

Lo sfregio ai murales di Piskv: un atto di vandalismo che ferisce il quartiere

Ci sono messaggi sui muri che raccontano qualcosa, che lasciano un segno nella coscienza collettiva. Sono parole di lotta, di satira, di memoria. Poi ci sono gesti anonimi e sterili, che non evocano nulla se non il degrado di un pensiero assente anch'esso in parte vittima della società.

È questo il caso dello sfregio ai murales di Furio (Carlo Verdone) e del Marchese del Grillo (Alberto Sordi) alla Pineta Sacchetti, un atto privo di senso, incapace persino della più leggera estetica della ribellione, quella che in passato ha trasformato le superfici urbane in pagine di storia.Le opere di Piskv, site in via Innocenzo VI, non sono solo decorazioni urbane. Sono parte di una narrazione più ampia, un tentativo di riempire gli spazi pubblici con immagini che dialogano con la città. La street art, come fenomeno globale, ha sempre cercato di dare voce a luoghi trascurati, trasformandoli in centri di espressione. Per ora abbiamo perso tutti, ma la battaglia qual era? Viviamo un tempo buio, nero nel senso più profondo del termine. Le destre si fanno sentire ovunque, anche sotto casa. Un sabato qualunque, le ragazze di Donne di Borgata si sono ritrovate fianco a fianco con i neofascisti di Casapound, intenti a volantinare messaggi xenofobi, sotto scorta, parlando di rimpatri e guerre tra poveri. Ma il vero problema delle periferie non sono i migranti: è l’abbandono, la mancanza di servizi, l’assenza dello Stato. Il sabato successivo, il 22 febbraio, quelle stesse donne sono tornate in piazza, davanti al mercato di Primavalle, nello stesso luogo della provocazione, con il loro banchetto itinerante e la stessa richiesta: uno sportello antiviolenza di zona. Questo è femminismo di quartiere. Questo è attivismo concreto. È la risposta più giusta alla violenza, al fascismo, alla solitudine. È tempo di renderci visibili e attive, di trasformare ogni bisogno essenziale delle donne in una lotta collettiva. Questa è l’unica medicina possibile: rinascere dal basso, costruire una comunità che si prende cura del bene pubblico, con le donne alla guida.

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