Mettiamoci la faccia, e la firma

Le Donne di Borgata le incontri così, per strada, mentre raccolgono firme tra la tredicesima e la quattordicesima per chiedere l’apertura di uno sportello pubblico antiviolenza nel quartiere. È il loro grido di battaglia.
Tra loro c’è Caterina, una giovane donna carica di ideali e determinazione, che ho conosciuto durante la passeggiata femminista del 25 novembre a Boccea, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
È proprio da lì che tutto è ricominciato: da una passeggiata, da un banchetto, da una raccolta firme. Così è nato anche il femminismo più autentico degli anni '70, con la legge d’iniziativa popolare contro la violenza sessuale. La storia si rinnova, ripartendo dalle fondamenta.
Nelle nostre zone non esistono centri antiviolenza. Eppure c'è un'urgenza concreta: garantire aiuto e assistenza a chi subisce violenza fisica, psicologica, economica. Alle donne, ma anche ai bambini e agli adolescenti vittime di abusi.
Le Donne di Borgata chiedono un luogo sicuro, accessibile, pubblico. Lo fanno con coraggio, mettendoci la faccia. Mettiamoci anche la firma.

Il sabato successivo, il 22 febbraio, quelle stesse donne sono tornate in piazza
davanti al mercato di Primavalle, nello stesso luogo della provocazione, con il loro banchetto itinerante e la stessa richiesta: uno sportello antiviolenza di zona.
Viviamo un tempo buio, nero nel senso più profondo del termine. Le destre si fanno sentire ovunque, anche sotto casa. Un sabato qualunque, le ragazze di Donne di Borgata si sono ritrovate fianco a fianco con i neofascisti di Casapound, intenti a volantinare messaggi xenofobi, sotto scorta, parlando di rimpatri e guerre tra poveri. Ma il vero problema delle periferie non sono i migranti: è l’abbandono, la mancanza di servizi, l’assenza dello Stato.
Il sabato successivo, il 22 febbraio, quelle stesse donne sono tornate in piazza, davanti al mercato di Primavalle, nello stesso luogo della provocazione, con il loro banchetto itinerante e la stessa richiesta: uno sportello antiviolenza di zona.
Questo è femminismo di quartiere. Questo è attivismo concreto. È la risposta più giusta alla violenza, al fascismo, alla solitudine.
È tempo di renderci visibili e attive, di trasformare ogni bisogno essenziale delle donne in una lotta collettiva.
Questa è l’unica medicina possibile: rinascere dal basso, costruire una comunità che si prende cura del bene pubblico, con le donne alla guida.